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L’osteoporosi è una patologia metabolica cronica caratterizzata da una progressiva perdita di densità minerale ossea (BMD) e dalla compromissione della microarchitettura dello scheletro. Questo indebolimento strutturale aumenta il rischio di fratture, in particolare a carico di vertebre, femore prossimale e radio distale.
Una delle cause più significative dell’osteoporosi è l’alterazione del rimodellamento osseo, un processo dinamico e continuo che bilancia la formazione di nuovo tessuto osseo (da parte degli osteoblasti) e il riassorbimento (da parte degli osteoclasti). Questo equilibrio è strettamente regolato da fattori genetici, ambientali, nutrizionali e soprattutto ormonali.
Gli ormoni agiscono come regolatori principali dei cicli di rimodellamento osseo, influenzando la vita, l’attività e l’interazione delle cellule ossee. Vediamo nel dettaglio quali sono i più importanti:
Gli estrogeni hanno un ruolo protettivo fondamentale sul tessuto osseo. Inibiscono l’attività degli osteoclasti e stimolano la sopravvivenza degli osteoblasti. La loro carenza, tipica della menopausa, è direttamente collegata all’aumento del turnover osseo e alla perdita di massa ossea, motivo per cui l’osteoporosi postmenopausale è così diffusa.
I glucocorticoidi sono una classe di ormoni steroidei, prodotti dalla corteccia surrenale, che influenzano il metabolismo e hanno un’azione antinfiammatoria e immunosoppressiva. Sono caratterizzati da una struttura chimica derivata dal colesterolo e agiscono legandosi a specifici recettori intracellulari, i recettori dei glucocorticoidi.
Questi ormoni, noti per il loro effetto antinfiammatorio, vengono utilizzati anche come farmaci e possono avere effetti devastanti sullo scheletro se assunti a lungo termine. I glucocorticoidi sopprimono la formazione ossea, aumentano il riassorbimento e alterano l’assorbimento e la ritenzione del calcio, portando alla cosiddetta osteoporosi indotta da glucocorticoidi (GIOP).
La vitamina D, anche se tecnicamente un pro-ormone, è essenziale per il metabolismo del calcio e del fosforo, e quindi per la mineralizzazione ossea. Una sua carenza riduce l’assorbimento intestinale di calcio, stimola il rilascio di PTH e accelera il riassorbimento osseo, aumentando la fragilità scheletrica.
Il PTH regola la calcemia e il metabolismo osseo. In condizioni fisiologiche promuove un rimodellamento bilanciato, ma se prodotto in eccesso (iperparatiroidismo) può portare a riassorbimento osseo e demineralizzazione. In campo terapeutico, il PTH sintetico in dosi intermittenti ha un effetto anabolico e viene impiegato nel trattamento dell’osteoporosi severa.
Gli ormoni prodotti dalla tiroide regolano numerosi processi metabolici, incluso il turnover osseo. L’ipertiroidismo accelera il ciclo di rimodellamento, riducendo il tempo disponibile per la completa mineralizzazione della matrice e causando un calo della BMD. Anche l’ipotiroidismo mal gestito, con dosaggi elevati di levotiroxina, può portare a perdita ossea.
La calcitonina è un ormone prodotto dalle cellule parafollicolari della tiroide e agisce inibendo l’attività degli osteoclasti, con un effetto diretto nel ridurre il riassorbimento osseo. È stata utilizzata in passato per trattare l’osteoporosi postmenopausale, anche se oggi il suo impiego è limitato e riservato a casi specifici, come il dolore osseo da metastasi.
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L’estrogeno è uno degli ormoni più importanti per la salute scheletrica, in particolare nelle donne. Agisce direttamente su due tipi di cellule fondamentali nel rimodellamento osseo:
Questo doppio effetto permette di mantenere un equilibrio tra perdita e formazione di osso. Tuttavia, durante la menopausa, i livelli di estrogeni calano bruscamente, portando a un aumento dell’attività degli osteoclasti e a una riduzione della formazione ossea. Il risultato è una rapida perdita di massa ossea, particolarmente evidente nella componente trabecolare, più sensibile ai cambiamenti ormonali.
Gli studi dimostrano che nei primi 5–10 anni post-menopausa, le donne possono perdere fino al 20% della densità ossea, aumentando drasticamente il rischio di fratture da fragilità, soprattutto a livello vertebrale e femorale.
Inoltre, la carenza estrogenica influenza l’espressione di numerosi geni coinvolti nella sopravvivenza delle cellule ossee, nell’infiammazione e nel metabolismo del calcio, accentuando la fragilità dello scheletro.
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Per contrastare gli effetti della carenza estrogenica, esistono due approcci principali:
La terapia ormonale sostitutiva a base di estrogeni è particolarmente efficace nelle donne in menopausa precoce o con sintomi vasomotori marcati (es. vampate). Oltre a migliorare la qualità della vita, ha un’azione protettiva sulle ossa, rallentando il riassorbimento e preservando la densità minerale ossea.
Tuttavia, non è priva di rischi: studi osservazionali hanno associato la TOS a un aumento del rischio cardiovascolare, di ictus e di tumore al seno in alcune donne. Per questo, l’uso deve essere personalizzato, limitato nel tempo e sempre monitorato.
I SERMs, come raloxifene e bazedoxifene, rappresentano un’alternativa alla terapia sostitutiva, poiché mimano l’azione dell’estrogeno solo a livello osseo, senza stimolare i recettori di altri tessuti come seno o utero.
Questi farmaci:
Raloxifene è stato approvato dalla FDA per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi postmenopausale, mentre bazedoxifene è utilizzato anche in combinazione con estrogeni a basse dosi per ridurre i sintomi della menopausa senza aumentare il rischio endometriale.
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Gli estrogeni svolgono una funzione chiave nel mantenimento della massa ossea. La loro carenza postmenopausale è un fattore critico nello sviluppo dell’osteoporosi, ma le terapie mirate – ormonali o recettoriali – rappresentano strumenti preziosi per proteggere la salute scheletrica della donna.
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