L’ allenamento nell’acqua è da sempre per noi un elemento vitale, in questo articolo evidenzierò come, negli ultimi anni, l’ acquaticità ha favorito il miglioramento su diversi aspetti nelle persone disabili e come sia riuscita a riconcigliare il termine “attività motoria” con “disabilità” abbattendo le barriere e gli ostacoli fisici e sociali della terra ferma.
L’attività natatoria svolge una funzione di “passaggio” tra la riabilitazione terapeutica in acqua e lo sport.
Gli effetti benefici dell’acqua sono molteplici, osserviamo maggiore importanza nel galleggiamento, che riduce la forza di gravità escludendo problemi di carico, favorendo così il rilassamento totale o segmentario; ad una determinata T° (30-32°C) l’ acqua riduce il dolore e facilita il detensionamento muscolare; a livello articolare favorisce una maggiore ampiezza di movimenti e a livello cognitivo incita positivamente al superamento delle proprie disabilità valorizzando così le potenzialità della persona, nonchè la conoscenza, l’ esplorazione e la consapevolezza di se stessi in movimento.
Attività allenante in acqua , rivolta sia ai a persone sane che hanno superato i 40 anni che ai “disabili” ha come obiettivo specifico:
1) Efficienza del miocardio
2) Vascolarizzazione coronaria collaterale
3) Distribuzione del sangue alla periferia corporea e del ritorno di esso al cuore
4) Diminuzione della massa grassa
5) Aumento del tono muscolare
6) Miglioramento della postura e riduzione della gravità sull’apparato scheletrico
7) Riduzione degli infortuni
Il nuoto e le attività motorie acquatiche sono le discipline sportive che meglio si prestano alla fase successiva della terapia. L’ istruttore, attraverso il nuoto, utilizza una strategia didattica per mantenere o migliorare la condizione psico-fisica, per personalizzare un’attività in relazione alle funzioni motorie residue, per permettere l’evolversi in attività sportiva di tipo agonistico quando possibile e quando vi è motivazione.
L’ attività natatoria nel disabile favorisce la Destrezza, la Resistenza, l’ Orientamento, l’ Equilibrio, la Coordinazione spazio-temporale, la Concentrazione, il Gioco, l’ Emozione, l’ Integrazione sociale.
Nelle disabilità congenite si incontrano persone con un vissuto psicologico lineare, con maggiore facilità nell’affrontare gli ostacoli poiché noti sin dalla nascita, a differenza delle persone con disabilità acquisita, quali potrebbero presentare maggiore difficoltà nell’affrontare gli ostacoli conseguenti al trauma subito, a scopo di riadattarsi al nuovo stile di vita il più autonomamente possibile.
Principi della “Metodologia Didattica”:
1) Gradualità 2) Consequenzialità 3) Consolidamento
L’esplorazione guidata rientra tra le «Strategie cognitive di problem solving»: libera esplorazione, scoperta guidata, apprendimento divergente.
Esse sono un insieme di strategie che hanno in comune la caratteristica di sollecitare nell’allievo l’elaborazione autonoma di risposte di fronte ad un compito-problema (problem solving), piuttosto che la ripetizione di quanto viene proposto dall’insegnante.
Con la libera esplorazione e con l’ esplorazione guidata gli allievi vengono incoraggiati a scoprire in maniera autonoma le strategie che conducono alla risoluzione del problema.
Quando il problema è aperto e non vi è un’ unica risposta possibile si parla di apprendimento divergente.
L’allievo è dunque invitato a sperimentare più risposte e a ricercare soluzioni nuove e innovative.
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I vantaggi sono lo sviluppo dell’autonomia e l’ elevato coinvolgimento cognitivo e motivazionale dell’allievo ed un migliore apprendimento delle strategie che facilitano il transfer a compiti simili.
Svantaggiosi saranno i tempi lunghi per l’ impresa decisionale e per lo svolgimento.
Gli alunni ricercano esperienze motorie in relazione agli attrezzi, ai contenuti e ai mezzi a disposizione.
È l’alunno il grande protagonista di questo metodo.
Dott.ssa Francesca Boca
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